IL PRETORE
    Visto l'art. 4 della legge 14 novembre 1992, n. 432 di conversione
 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384;
    Visto l'art. 6 del decreto-legge n. 103/1991;
    Visto l'art. 47 del d.P.R. 639/1970;
    Visti  gli  articoli  10  ed  11 delle disposizioni sulla legge in
 generale;
    Visto l'art. 3 della Costituzione;
    Vista la sentenza della Corte costituzionale emessa  il  3  giugno
 1992 e reg. al n. 246;
    Rilevato  che  nel  giudizio  promosso  da  Salodini  Maria contro
 l'I.N.P.S. con ricorso depositato in data 18 novembre  1992,  per  il
 riconoscimento dell'integrazione al trattamento minimo della pensione
 indiretta  sino  al 30 settembre 1983 e conseguente cristallizzazione
 dello stesso per il periodo  successivo,  va  applicato  il  disposto
 dell'art. 4 della legge n. 432/1992 in quanto:
      1)  la  ricorrente ha esaurito il procedimento amministrativo in
 data 19 gennaio 1989 e pertanto  non  puo'  trovare  applicazione  il
 terzo comma del richiamato articolo;
      2)  la  ricorrente ha esaurito il procedimento amministrativo in
 data 19 gennaio 1989 e pertanto  non  puo'  trovare  applicazione  il
 terzo comma del richiamato articolo;
      3)  l'istituto  convenuto  ha formalmente eccepito l'intervenuta
 decadenza della  possibilita'  di  proporre  azione  giudiziaria  per
 essere  ormai  decorso  il  termine  di  tre  anni  dal provvedimento
 amministrativo di rigetto introdotto dalla nuova norma la quale ha in
 tal senso modificato l'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970.
    Atteso che la  disposizione  cosi'  sostituita  e'  identica,  per
 formulazione  e contenuto, a quella che l'ha sostituita salvo che per
 la riduzione del termine di decadenza da decennale a triennale;
    Constatato che la disposizione in esame riproduce una  norma  gia'
 pesantemente  colpita  dalle  univoche  interpretazioni  della  Corte
 costituzionale, della Corte di cassazione,  nonche'  dei  giudici  di
 merito della Repubblica italiana;
    E'  appena  il  caso  di  ricordare,  infatti, che constantemente,
 unanimemente, tutti i giudici dello  Stato  hanno  affermato  che  e'
 incostituzionale  l'imposizione  di termini di decadenza che incidano
 sul diritto alle prestazioni pensionistiche, potendo  il  legislatore
 intervenire  solo sui ratei di pensione: "Il diritto a pensione .. e'
 imprescrittibile  (ne'  sottoponibile  a   decadenza)   secondo   una
 giurisprudenza  non  controversa,  in  conformita'  di  un  principio
 costituzionalmente garantito che non puo' comportare deroghe legisla-
 tive" (cifr.  sentenza Corte costituzionale n. 246/1992).
    Il breve ossequio a tale principio da  parte  del  legislatore  e'
 durato  lo  spazio  della  emanazione  dell'art.  6, primo comma, del
 decreto-legge  n.  103/1991,  ove  si  e'  fornita  l'interpretazione
 autentica  della  norma  originaria  (il  noto  art. 47 del d.P.R. n.
 639/1970), evidenziando che la  decadenza  ivi  statuita  determinava
 l'estinzione del diritto ai ratei pregressi.
    A  parere  di  questo  pretore  la  disposizione introdotta con il
 decreto-legge n. 384/1992 conversione  nella  legge  n.  432/1992  ha
 completamente  travolto  la disposizione di interpretazione autentica
 della norma non piu' in vigore  salvandola,  sul  piano  applicativo,
 solo  per  quei  soggetti  che avessero gia' radicato il procedimento
 amministrativo  ma  non  ancora  ottenuto  la   risposta   da   parte
 dell'istituto.
    Ne' vi e' spazio per interpretare in senso costituzionale la nuova
 disposizione  poiche'  la  norma  in discorso non accenna minimamente
 alla operativita' della  decadenza  sui  singoli  ratei  e  cio',  in
 relazione  con la precedente normativa in tema di decadenza, preclude
 all'interprete di ritenere implicitamente contenuto il riferimento ai
 singoli ratei e gli impone, come gia' detto,  di  leggere  nell'unico
 modo  corrispondente  al significato testuale dei termini la medesima
 disposizione con l'unica conseguenza possibile: la  disposizione  non
 e' costituzionale.
    Altro  profilo  di incostituzionalita' si rileva nella circostanza
 che l'interprete non puo' negare la vigente sussistenza,  nel  nostro
 ordinamento,  delle  disposizioni degli artt. 10 ed 11 sulla legge in
 generale cosicche' in assenza di disposizioni transitorie  la  citata
 disposizione dovra' essere applicata a tutti i processi iniziati dopo
 la  sua  entrata in vigore per i quali il procedimento amministrativo
 si sia esaurito o per espresso rigetto dell'istituto per decorso  del
 termine  previsto  (cfr.  terzo  comma  dell'art.  4  della  legge n.
 432/1992).
    Ne consegue che per quei pensionati i quali avessero  iniziato  il
 procedimento  amministrativo che non si fosse esaurito resta salvo il
 disposto dell'art. 6 d.P.R. n. 103/1991 e quindi la residua parte del
 termine decadenziale decennale  con  una  evidente  ed  irragionevole
 disparita'  di  trattamento  in  danno  dei  soggetti  vincolati alla
 attuale normativa